asperini non è mai stato un allenatore carismatico. Anche i muri sanno che la sua più grande qualità è la mitezza interiore e la tranquillità che trasmette allo spogliatoio, non certo la decisione e l’autorità. Qualità buone per una squadra di seconda fascia, come poteva essere il Genoa, non certo l’Inter. Chi vi scrive quest’anno non ha mai visto una singola partita dei nerazzurri, in quanto sapeva che la loro programmazione targata 2011\12 era sbagliata alla base, perchè la scelta di un tecnico senza il necessario carisma per gestire uno spogliatoio deciso e un ambiente esigente come quello dei vicecampioni d’Italia uscenti, non poteva che dare i risultati sotto gli occhi di tutti. Detto fatto. Moratti di errori ne ha fatti tanti, le stagioni pre-calciopoli lo dimostrano, ma mai aveva affidato la squadra in mano a tecnici senza grande forza decisionale e con la pacatezza al limite della remissività dell’ex rossoblu, già peraltro allontanato da Preziosi per motivi simili. E la previsione (confermatasi fondata e veritiera) del sottoscritto non era condita da qualunque forma di antipatia verso l’uscente tecnico interista, anzi di stima, in quanto prima di un amichevole infrasettimanale col Genoa fu l’unico a degnarsi di salutare la panchina avversaria, ignorata da tutto il resto del suo gruppo, dirigenti compresi.
Tornando a Moratti, come già detto, dei tanti errori commessi mai c’era stato quello di fondare un progetto su allenatori privi di carisma e personalità come il Gasp, e quindi per fare un ricorso storico occorre addirittura tornare al medioevo uscendo dal contesto sportivo per passare a quello ecclesiastico: verso la fine del 1200 vi fu un papa, noto eremita, che fu eletto quasi contro la sua volontà e poi costretto a dimettersi pochi mesi dopo per l’incapacità dovuta a debolezza, ignoranza e avversione verso i rapporti umani. Wikipedia lo racconta cosi:
Tornando a Moratti, come già detto, dei tanti errori commessi mai c’era stato quello di fondare un progetto su allenatori privi di carisma e personalità come il Gasp, e quindi per fare un ricorso storico occorre addirittura tornare al medioevo uscendo dal contesto sportivo per passare a quello ecclesiastico: verso la fine del 1200 vi fu un papa, noto eremita, che fu eletto quasi contro la sua volontà e poi costretto a dimettersi pochi mesi dopo per l’incapacità dovuta a debolezza, ignoranza e avversione verso i rapporti umani. Wikipedia lo racconta cosi:
La notizia dell’elezione gli fu recata da tre vescovi, nella grotta sui monti della Maiella, dove il frate risiedeva. Sorpreso dall’inaspettata notizia, il frate, forse anche intimorito dalla potenza della carica, inizialmente oppose un netto rifiuto che, successivamente, si trasformò in un’accettazione alquanto riluttante, avanzata certamente soltanto per dovere d’obbedienza.
Appena diffusa la notizia dell’elezione del nuovo Pontefice, Carlo d’Angiò si mosse immediatamente da Napoli e fu il primo a raggiungere il frate. In sella ad un asino tenuto per le briglie dallo stesso Re e scortato dal corteo reale, Pietro si recò nella città di Aquila (oggi L’Aquila), dove aveva convocato tutto il Sacro Collegio. Qui, nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio, fu incoronato il 29 agosto 1294 con il nome di Celestino V.
Uno dei primi atti ufficiali fu l’emissione della cosiddetta Bolla del Perdono, bolla che elargisce l’indulgenza plenaria a tutti coloro che confessati e pentiti dei propri peccati si rechino nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, nella città dell’Aquila, dai vespri del 28 agosto al tramonto del 29. Fu così istituita la Perdonanza, celebrazione religiosa che anticipò di sei anni il primo Giubileo del 1300, ancora oggi tenuta nel capoluogo abruzzese.
In pratica, Celestino istituì a Collemaggio un prototipo del Giubileo, successivamente copiato dal suo successore.
Il nuovo Pontefice si affidò, incondizionatamente, nelle mani di Carlo d’Angiò, nominandolo “maresciallo” del futuro Conclave. Ratificò immediatamente il trattato tra Carlo d’Angiò e Giacomo d’Aragona, mediante il quale fu stabilito che, alla morte di quest’ultimo, la Sicilia sarebbe ritornata agli angioini(….)
In effetti Pietro da Morrone dimostrò una notevole ingenuità nella gestione amministrativa della Chiesa, ingenuità che, unitamente ad una considerevole ignoranza (nei concistori si parlava in volgare, non conoscendo egli a sufficienza la lingua latina) precipitò l’amministrazione in uno stato di gran confusione, giungendo persino ad assegnare il medesimo beneficio a più di un richiedente.
Circa quattro mesi dopo la sua incoronazione, nonostante i numerosi tentativi per dissuaderlo avanzati da Carlo d’Angiò, il 13 dicembre 1294 Celestino V, nel corso di un Concistoro, diede lettura della seguente lettera:
« Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe [di questa plebe], al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa Universale. »
(Celestino V – Bolla pontificia, Napoli, 13 dicembre 1294)
Appena diffusa la notizia dell’elezione del nuovo Pontefice, Carlo d’Angiò si mosse immediatamente da Napoli e fu il primo a raggiungere il frate. In sella ad un asino tenuto per le briglie dallo stesso Re e scortato dal corteo reale, Pietro si recò nella città di Aquila (oggi L’Aquila), dove aveva convocato tutto il Sacro Collegio. Qui, nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio, fu incoronato il 29 agosto 1294 con il nome di Celestino V.
Uno dei primi atti ufficiali fu l’emissione della cosiddetta Bolla del Perdono, bolla che elargisce l’indulgenza plenaria a tutti coloro che confessati e pentiti dei propri peccati si rechino nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, nella città dell’Aquila, dai vespri del 28 agosto al tramonto del 29. Fu così istituita la Perdonanza, celebrazione religiosa che anticipò di sei anni il primo Giubileo del 1300, ancora oggi tenuta nel capoluogo abruzzese.
In pratica, Celestino istituì a Collemaggio un prototipo del Giubileo, successivamente copiato dal suo successore.
Il nuovo Pontefice si affidò, incondizionatamente, nelle mani di Carlo d’Angiò, nominandolo “maresciallo” del futuro Conclave. Ratificò immediatamente il trattato tra Carlo d’Angiò e Giacomo d’Aragona, mediante il quale fu stabilito che, alla morte di quest’ultimo, la Sicilia sarebbe ritornata agli angioini(….)
In effetti Pietro da Morrone dimostrò una notevole ingenuità nella gestione amministrativa della Chiesa, ingenuità che, unitamente ad una considerevole ignoranza (nei concistori si parlava in volgare, non conoscendo egli a sufficienza la lingua latina) precipitò l’amministrazione in uno stato di gran confusione, giungendo persino ad assegnare il medesimo beneficio a più di un richiedente.
Circa quattro mesi dopo la sua incoronazione, nonostante i numerosi tentativi per dissuaderlo avanzati da Carlo d’Angiò, il 13 dicembre 1294 Celestino V, nel corso di un Concistoro, diede lettura della seguente lettera:
« Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe [di questa plebe], al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa Universale. »
(Celestino V – Bolla pontificia, Napoli, 13 dicembre 1294)
Come possiamo notare la storia si ripete, sempre, comunque e ovunque. Vero, la lunga digressione clericale potevo anche risparmiarvela… Ma dite la verità, le due storie non s’assomigliano?